N° 32

 

OBIETTIVI

 

(PARTE SECONDA)

 

 

INCUBO AMERICANO

 

 

Di Carlo Monni

 

 

1,

 

 

            Un laboratorio dell’A.I.M. in un luogo segreto, naturalmente. Le voci risuonano al tuo orecchio dapprima ovattate, poi sempre più nitide.

.Parametri vitali?-

-Valori elettrocardiogramma nella norma.-

-Valori elettroencefalogramma nella norma.-

-Frequenza respiratoria nella norma.-

-Pressione sanguigna nella norma.-

-Si sta risvegliando, signore.-

-Molto bene. -Benvenuto tra noi Capitan America.-

            Apri gli occhi per scoprire di trovarti in una specie di tubo traslucido. Provi una sensazione di nausea che sale dalla bocca dello stomaco per lasciarti un sapore amaro in bocca, ma riesci a reprimere conati di vomito. Come ti ha chiamato quel tizio? Capitan America? Certo: tu sei Capitan America. Ora la mente ti si sta schiarendo e cominci a ricordare: eri penetrato in quel magazzino sul porto e c’era stata una luce accecante, istintivamente avevi alzato lo scudo per proteggerti e poi… poi eccoti qui. Ma dov’è qui? E che fine ha fatto lo scudo? Forse solo quel tipo col costume giallo e l’elmetto in testa può rispondere. È chiaramente un agente dell’A.I.M. ma non uno qualunque.

            Come se avesse sentito quest’ultima osservazione, l’uomo parla di nuovo:

-Io sono lo Scienziato Supremo dell’A.I.M. e tu… sei nostro prigioniero… o cavia, se preferisci.-

            Magnifico: questa volta hai di fronte non un capo sezione qualunque, ma proprio il capo di tutta l’organizzazione. Se fossi libero sarebbe un’ottima opportunità per dare un serio colpo all’A.I.M. forse definitivo.  Se fossi libero, ma non lo sei. Le tue mani premono contro le pareti del tubo che ti tiene prigioniero. Sembra vetro, ma non lo è, forse plastica? Quando lo tocchi ti dà una strana sensazione.

-È un’altra delle geniali invenzioni della nostra organizzazione. Spiega lo Scienziato Supremo –Un materiale di molecole parzialmente instabili. Scusa se uso dei termini non completamente corretti scientificamente, ma temo che non capiresti altrimenti.-

-Non mi offendo.- replichi con un tono che speri essere sarcastico –Non ero gran che a scienze, dopotutto.-

            Lo Scienziato Supremo emette quella che sembra una via di mezzo tra una risatina di circostanza ed un’esclamazione di disprezzo, se mai è possibile riuscirci.

-Niente affatto sorprendente.- commenta –Stavo dicendo che questo polimero è una specie di campo di forza solido e si adatta alle caratteristiche di chi vi è contenuto in modo da non poter essere infranto da nessun tipo di forza applicato contro di esso. Di fatto il solo modo di uscirne è che sia disattivato dall’esterno.-

-Complimenti per l’esposizione, mai pensato di fare l’insegnante?-

            Questa volta il rumore è decisamente più simile ad una risata:

-Il sapere è una cosa troppo importante per sprecarlo tentando di comunicarlo ad esseri volgari non in grado di apprezzarlo.-

-Si, decisamente mi ricordi uno dei miei professori al College. Sei certo di non essere lui sotto quel cestino da rifiuti che voi dell’A.I.M. chiamate elmetto?-

-Non vale nemmeno la pena di risponderti. Sei come tutti i tuoi simili: cerchi di darti coraggio con le battute per nascondere il fatto che sei intrappolato senza speranza.-

-Ho sentito questa battuta un sacco di volte e conosco almeno una ventina di persone che sono sopravvissute a situazioni senza speranza. Dammi tempo e riuscirò ad uscire da questa tua trappola imbattibile senza che tu ed i tuoi geni possiate farci niente.-

            Bella vanteria, ma la realtà è che non hai la più pallida idea di come riuscirci. Tuo nonno e gli altri tuoi istruttori dicevano che non esiste prigione da cui sia impossibile scappare se si ha abbastanza costanza, impegno e pazienza per trovare una via d’uscita e se è necessario, bisogna giocare d’astuzia. Forse non sei il miglior Capitan America che si sia mai visto, ma non darai a quel tipo la soddisfazione di mollare facilmente, questo è certo. C’è un’altra cosa che t’inquieta, però: quel tizio ti ha definito cavia, ma… per cosa? Nulla di buono sicuramente, un altro incentivo a tentare la fuga.

 

            Eliveicolo dello S.H.I.E.L.D.[1] Le due donne non sembrano poi tanto diverse fisicamente: entrambe bionde, occhi azzurri, gambe lunghe e snelle, fisico superbo ed allenato, messo in risalto dalla tuta aderente. Le somiglianze finiscono qui, però ed all’occhio attento di un acuto osservatore le differenze non sfuggirebbero. La donna con indosso l’uniforme dello S.H.I.E.L.D. è un po’ più anziana,  i capelli sono più lunghi sino a ricaderle sulle spalle, gli occhi hanno uno sguardo duro, quasi di ghiaccio ed il loro colore ricorda appunto quello del mare riflesso sugli iceberg. L’altra ragazza, quella con indosso il costume che è quasi una copia esatta di quello di Capitan America ha i capelli più corti, è probabilmente più giovane ed i suoi occhi sono di un blu intenso e vivace. Se entrambe sono consce degli sguardi degli uomini presenti nella stanza, non danno loro quasi nessun peso.

-E con questo…- dice G.W. Bridge, Direttore della Sezione Americana dello S.H.I.E.L.D. -… direi che il caso Clairton è chiuso. Avete fatto un ottimo lavoro signori… e signore, naturalmente: un'altra minaccia alla sicurezza di questo pianeta sventata con efficienza e precisione.-[2]

               Sharon Carter, Supervisore della sede S.H.I.E.L.D. della Virginia si permette un sogghigno: chissà se Bridge è informato che nel bel mezzo dello scontro con gli alieni lei ha avuto un crollo nervoso ed ha rischiato di soccombere in maniera fatale ai suoi demoni interiori? Se è così non sembra darlo a vedere.

-È stato un lavoro di ordinaria amministrazione.- commenta con velo di sarcasmo nella voce.

-A sentirvi parlare…- interviene la ragazza in costume -… sembrerebbe proprio che siate abituati a sventare invasioni aliene od interdimensionali a giorni alterni.-

               Quattro o cinque paia di occhi le si puntano addosso e qualcuno scuote la testa.

-In effetti è così, miss… American Dream, giusto?- risponde Bridge –Ma non sono autorizzato a discuterne con un civile, purtroppo. Si tratta di sicurezza internazionale.-

               Sharon le si avvicina e le sussurra:

-Bridge abbaia molto, ma perlopiù non morde… anche se ha zanne molto affilate.-

               Voleva essere una battuta? Dalla regina di ghiaccio? Non sembra la Sharon Carter di cui ha sentito parlare, pensa American Dream.

               La riunione si scioglie ed i presenti si allontanano per tornare alle loro solite faccende. Rimangono solo: Bridge, Sharon ed American Dream.

-Uh… scusate…- dice quest’ultima -… ma io avrei bisogno di un passaggio.-

-Potrei portarti io…- le risponde Sharon.

-Un attimo signore.- interviene Bridge –Ho chiesto ad American Dream di rimanere perché ho parlato con Nick Fury e lui mi ha chiesto di fare una cosa.-

               Bridge preme un pulsante ed una parete scorre rivelando un oggetto  che i presenti conoscono bene: lo scudo di Capitan America. Bridge lo prende in mano e lo porge alla ragazza in costume.

-Fury mi ha ordinato di darlo a te.- le dice. -Ha detto che se Capitan America è vivo tu saprai come consegnarglielo… e se è morto… beh, in questo caso sei tu che devi averlo comunque. Non sono sicuro di aver capito, però. Cosa sei: la prossima in linea di successione?-

-Qualcosa del genere.- risponde la ragazza afferrando lo scudo. Lo soppesa tra le mani, provandone il peso perfettamente bilanciato. Fa oscillare il braccio una, due volte, poi lo lancia. Lo scudo descrive un arco sopra la testa di Bridge, colpisce una parete, rimbalza, colpisce il soffitto, ricade contro un angolo della parete opposta, descrive un altro arco sopra la testa di Bridge e torna nella mano protesa di American Dream, che lo afferra senza sforzo -Qualcosa del genere…- sorride -… ma non sono autorizzata a discuterne con lei.-

-Ok, ho capito.- sbuffa il vecchio soldato –Tu e Fury potete tenervi i vostri segreti. Potete andare, signore. Quanto a me, conto di essere nel mio ufficio di Washington tra meno di due ore.-

               American Dream, riflette: e così Nick Fury sa chi è lei e sa che è sorella dell’attuale Cap. La cosa non dovrebbe sorprenderla, dopotutto e non è il caso di pensarci troppo. Ora deve trovare suo fratello dovunque sia, perché è vivo, deve esserlo.

 

               Capitan America non è affatto sicuro di cosa gli sia successo. Sa di aver perso conoscenza e di essersi risvegliato su una specie di lettino, legato mai e piedi con cinghie di metallo e nudo come un verme. Non è sicuro di cosa gli abbiano fatto, ma ricorda che era doloroso, molto doloroso. Ad un certo punto è di nuovo svenuto e quando ha ripreso conoscenza era di nuovo nel tubo ed in costume.

               Cosa gli hanno fatto? Non era semplice tortura, ne è sicuro: erano esami, ma a che scopo? Nulla di buono, questo è certo. Un’altra cosa gli viene in mente: se gli hanno tolto il costume hanno visto la sua faccia. In altre circostanze non sarebbe un gran male: la sua è una faccia qualunque, dopotutto, ma a questa gente basta poco per trovare un database da qualche parte in cui è archiviata la sua foto, per esempio la Motorizzazione di Boston, e scoprire su di lui quanto basta per mettere in pericolo chiunque lo conosca. Anche questo è un problema minore, però, rispetto ad una questione più urgente: restare in vita e fuggire.

 

 

2.

 

 

               Per Sam Wilson, Falcon sono stati due giorni impegnativi. Ha dedicato tutto il suo tempo libero alla ricerca di Capitan America. La sua parte più razionale gli dice che non può colpevolizzarsi per essere stato troppo preso dai suoi problemi personali per essere al fianco del ragazzo nel momento decisivo; Jeff Mace era… è una persona adulta e non era quella la prima volta che agiva da solo. Eppure lui ha una responsabilità verso Steve Rogers di vigilare sul suo successore e... Oh, al diavolo, tutta l’introspezione del mondo non servirà a riportare indietro il ragazzo, questo è certo. Lo S.H.I.E.L.D. ha scandagliato praticamente tutti i rifugi conosciuti dell’A.I.M. senza risultati. Del resto, era prevedibile: quale organizzazione criminale seria si nasconderebbe o lascerebbe indizi in luoghi di cui i suoi nemici conoscono l’esistenza?

               Come se non bastasse tutto il resto, sta anche trascurando i suoi doveri di Senatore di Stato e questo non va bene. Ci sono dei progetti di legge che doveva controllare.

-Sam?- la voce di sua sorella lo riporta alla realtà –Ha chiamato il Senatore Rakim,. Gli ho detto che non c’eri.-

-Hai fatto benissimo Sarah, non ho proprio voglia di farmi coinvolgere nei suoi giochetti politici ora.-

-Notizie di Cap?-

-Nessuna per ora, ma prima o poi troveremo un indizio.-

               Bravo, mostrati ottimista e forse ci crederai anche tu. Intanto gli è venuto in mente che non ha più ricevuto notizie da quella American Dream da quando ha ricevuto quella telefonata sull’Eliveicolo, perché non si è ancora fatta viva?

 

               Ti chiami Jeffrey William Steven Mace e, diciamolo pure, non hai avuto un’infanzia normale come quella degli altri ragazzi. Sei nato in una famiglia molto speciale: tuo nonno era uno dei leggendari eroi in costume degli anni 40, combatteva il crimine e le infiltrazioni naziste in patria con il nome in codice di Patriota. In seguito, era il 1946, fu l’unico testimone della morte dell’eroe chiamato Capitan America e scoprì che quello era solo il secondo uomo ad aver assunto quell’identità, dopo Steve Rogers scomparso in azione. Divenne il terzo Capitan America e porto avanti con coraggio ed onore un’orgogliosa tradizione. Fin da bambino tu sei stato allenato per un unico scopo: quando ci sarebbe stato bisogno di un Capitan America tu avresti seguito l’esempio di tuo nonno e ne avresti assunto il manto e la responsabilità. Quel momento, alla fine arrivò e spesso tu ti sei chiesto se fossi all’altezza di coloro che ti hanno preceduto, se sei degno di essere Capitan America. Oggi queste considerazioni debbono essere lasciate da parte: la cosa che più importa è che sei prigioniero e devi liberarti. Steve Rogers ci sarebbe riuscito sicuramente; anche tuo zio e tuo nonno ce l’avrebbero fatta e perfino quel tizio degli anni 50. Ora è il momento di vedere se hai davvero diritto al costume.

               Hai provato durante tutta la giornata a vedere se riuscivi a liberarti, ma senza successo. Lo Scienziato Supremo ha ragione: non hai speranze di riuscirci dall’interno, quindi devi farti liberare dall’esterno, semplice. Ma come fare? Hai un piano, non è molto ortodosso, magari, ma è un piano che può funzionare.

               Chiami uno dei tizi dell’A.I.M. che stazionano in permanenza davanti al tuo tubo di contenimento:

-Ehi tu, mi senti sotto quella specie di cestino?-

-Che cosa vuoi?- chiede l’altro in tono diffidente.

-Beh, si dà il caso che io abbia, ehm, necessità di andare al bagno e quest’affare non è munito di WC a quanto sembra.-

-Cosa?- esclama l’atro, sorpreso –Ma… ma questo non è contemplato da... da…-

               Cap sogghigna:

-Ti assicuro che non se non mi accontentate le conseguenze non saranno molto piacevoli. Non credo che il tuo capo approverebbe un Capitan America… sporco, diciamo così.-

-Uhm… credo che tu abbia ragione. Aspetta un attimo.-

               Una breve consultazione via etere, poi l’agente dell’A.I.M. spinge un pulsante. Nel tubo viene introdotto un collare di metallo.

-Indossalo.- intima l’agente.

-Uhm, cos’è?- chiedi.

-Un collare inibitore neurale studiato per bloccare il tuo sistema nervoso, impedendoti ogni movimento o, se così vorremo, inviarti impulsi altamente dolorosi.

-Capisco… ok.

               Indossi il collare  e subito senti un debole ronzio alla base della nuca: è stato attivato. Attendi finché il tubo non si dissolve, poi i due sgherri dell’A.I.M. ti si avvicinano ed uno di loro preme un pulsante su un apparecchietto che tiene in mano e dice:

-Allunga le mani.-

               Tu obbedisci immediatamente e subito l’uomo ti fissa ai polsi delle specie di manette.

-Ora puoi muoverti liberamente. Per quanto tu possa essere pieno di risorse, nemmeno tu puoi spezzare legami di adamantio.

               Non vogliono correre rischi, pare, bene, bene.

-Vieni con noi.-

               Ti accompagnano sino alla toilette, poi tu ti arresti di fronte alla porta e ti rivolgi loro:

-Non penserete che la faccia con queste manette ai polsi, vero?- i due si guardano, se potessi osservare i loro volti sei convinto che li vedresti molto perplessi e ti va bene così –Di che avete paura? Quest’aggeggio neurale mi controlla, giusto?-

               Dopo un breve istante, i due annuiscono e ti liberano.

-Ricorda…- ti ammoniscono -… un gesto ostile… o anche solo un tentativo di toglierti e distruggere il collare saranno registrati immediatamente dal suo sistema e ti bloccheranno il sistema nervoso.-

-Ok, ok, faro il bravo bambino, lo prometto… ora se non vi spiace… in questi casi sono rigoroso sulla privacy.-

               Chiudi loro in faccia la porta della toilette e ti concedi un lungo respiro. Sei arrivato fin qui ed ora non ti resta che passare all’azione. Ti avvicini allo specchio e con delicatezza sollevi uno degli orli della A sul cappuccio ed estrai qualcosa di molto piccolo, che a contatto con tua mano si espande.

               Grazie Dottor Pym, pensi sorridendo, ora vediamo se questa specie di grimaldello funziona e se tutto il tempo che ho speso ad allenarmi a scassinare ogni tipo di serratura è valso a qualcosa.

               Senza perdere tempo dirigi il “grimaldello” verso la chiusura del collare. Come ti avevano avvertito, il collare reagisce all’attacco inviando al tuo sistema nervoso l’ordine di spegnersi, ma, come avevi sperato, senza effetto. È stata una mossa molto azzardata, lo ammetti, ma ha funzionato. Come ogni Vendicatore hai installato alla base del collo un microchip, pressoché invisibile ad ogni sensore, che impedisce qualsiasi tipo di controllo mentale. Quello del collare non è esattamente un controllo mentale, ma ci si avvicina molto ed il microchip ne sta combattendo gli effetti, abbastanza da permetterti i movimenti sia pure con difficoltà. Senti il sudore colarti lungo il volto, stringi i denti ignorando il dolore, comunque meno intenso di quello che avresti dovuto provare,  ed alla fine ce l’hai fatta: il collare si apre.

-Ok, gente!- urli –Ho finito.-

-Metti fuori le mani.-

-Se è solo questo che volete gente…- cominci a dire, poi spalanchi la porta di scatto e salti aggrappandoti allo stipite e vibrando due calci agli stupiti agenti dell’A.I.M. -… avrete anche i piedi.-

               Fai una capriola e passi sopra le loro teste, poi cominci a correre. Non sei ancora libero, sei pur sempre in un’installazione segreta, circondato da decine di agenti dell’A.I.M. e non sai come uscirne. Oh, beh, che sarebbe la vita senza un pizzico di divertimento?

 

               L’oftalmologo fa un passo indietro e mormora un:

-Mmm, non c’è male.-

-Ha delle buone notizie per me, dottore?- gli chiede Joy Mercado.

               Joy percepisce l’esitazione dell’oftalmologo. Nei due giorni in cui è rimasta priva della vista, dopo che i suoi occhi sono stati esposti ad un misterioso lampo di luce al porto,[3] ha cercato di usare i rimanenti sensi al meglio delle loro possibilità, ma con scarso successo. Non sa dire se quell’esitazione è reale o solo immaginata. La paura l’attanaglia e teme la risposta del medico.

-Non sembrano esserci danni permanenti al nervo ottico o ad altre parti dell’occhio.- risponde quest’ultimo.

               Joy ha l’impressione di non aver respirato nell’attesa, il rumore del suo sospiro le sembra come quello di un martello pneumatico.

-Naturalmente ci vorrà un po’ di tempo perché riacquisti del tutto la vista…- continua il dottore -… ed anche allora non è detto che riacquisterà la piena funzionalità, ma potremo saperlo con certezza solo al momento.-

               Ecco, doveva aspettarselo: alle buone notizie seguono sempre le cattive. Beh, meglio di niente, si dice, e poi… chi dice che finirà nel modo peggiore? Un po’ d’ottimismo che diamine.

               La ragazza cerca di pensare ad altro: è qui da due giorni e non ha ricevuto visite o notizie da Jeff Mace. Che fine ha fatto?Nessuno ha saputo nulla di lui da quella dannata serata. Joy non lo ammetterebbe mai apertamente, ma quel ragazzo le piace e spera che non gli sia accaduto nulla di male.

 

 

3.

 

 

               Il suddetto ragazzo in questo momento sta anche lui sperando che non gli accada nulla di male, ma la cosa potrebbe rivelarsi alquanto difficile.

               All’inizio gli uomini dell’A.I.M. si sono fatti prendere di sorpresa: non si aspettavano che il prigioniero riuscisse a fuggire. Nel breve giro di pochi minuti si susseguono urla e spari, ma il bersaglio riesce ad eludere gli inseguitori ed inevitabilmente la cosa arriva all’orecchio dello Scienziato Supremo.

-Signore, Capitan America è fuggito.- lo informa uno dei suoi sottoposti

-Me ne sono accorto anch’io.- replica lo Scienziato Supremo –Voi dovreste essere tutti dei geni con i più alti Q.I. del pianeta e lasciate che quel ragazzo vi prenda allegramente per i fondelli.-

-Signore…-

-Niente scuse: lo voglio vivo o morto, ma lo voglio.-

               Non appena il suo sottoposto è uscito, lo Scienziato Supremo si rilassa. A differenza dei suoi sottoposti lui non si fa mai cogliere di sorpresa e questa è un’ottima occasione per provare il valore del suo nemico e le reali capacità dei suoi uomini.

               Sarà interessante vedere come finirà.

 

               Continui a correre senza fermarti, senza quasi pensare, eviti le raffiche che ti sparano, abbatti gli agenti che ti si parano davanti e di nuovo corri. Sarebbe forse più facile se avessi lo scudo con te, ma a questo punto è inutile perdere tempo con le recriminazioni: è il momento di vedere se è lo scudo che conta o colui che l’impugna. Non puoi continuare a correre per sempre, hai bisogno di un mezzo per fuggire. T’imbatti in una monorotaia e salti a bordo del veicolo che vi è sopra proprio mentre sta partendo.

-Scusate il disturbo.- dici all’agente dell’A.I.M. che stendi con un ben assestato pugno.

-Capitan America!- esclama uno dei tre agenti rimasti –Non ti permetteremo di scappare.-

               Ok, cosa avrebbe detto Rogers in questo caso? Ti ci vuole una bella frase ad effetto.

-Vogliamo scommettere?-

               Pessima, decisamente pessima. Il veicolo imbocca una galleria e quando ne emerge tu sei il solo a bordo, il solo rimasto in piedi, almeno.

 

               Quasi nello stesso momento, a New York, una ragazza vestita con un costume quasi identico, ma con in più lo scudo al braccio destro, si muove per i tetti di Harlem, quando ecco che un falco le si para davanti.

-Buono Redwing.- gli si rivolge lei riconoscendolo. –Il tuo padrone è da queste parti?-

-Per la precisione è alle tue spalle!- esclama Falcon saltandole addosso.

               La ragazza chiamata American Dream esegue una rapida mossa e Falcon si ritrova a fare un volo oltre la sua testa. Ridacchiando fa una capriola atterrando sui piedi.

-Non male.- dice –Ma se invece di avvertirti, ti avessi attaccato senza preavviso?-

-Sapevo già della tua presenza.- risponde lei –E non mi sono preoccupata.-

-Male: non devi mai abbassare la guardia. In questo tipo di lavoro può essere fatale.-

-Te lo ha insegnato Mr. Rogers, questo?-

-Ho avuto un buon maestro. Cosa ti porta qui, ragazza?

-Lo sai: voglio trovare mio… Capitan America. Ho qualcosa da restituirgli.-

-Parliamoci chiaro, ragazza: tu sai che io sono Sam Wilson ed io so che tu sei Lizzie Mace, quindi perché non parliamo chiaro? Anch’io voglio trovare tuo fratello, credimi.-

-Veramente non sapevo che tu fossi il Senatore Wilson, anche se potevo sospettarlo…- replica Lizzie sfilandosi la maschera -… ma ti ringrazio della fiducia. In ogni caso, permetto solo ai miei genitori ed a mio fratello di chiamarmi Lizzie ed a lui non sempre.-

-Ok, “Liz”. Ora dimmi che hai un suggerimento su dove cominciare a cercare.-

-Io spèravo che l’avessi tu.-

-Andiamo bene. Beh, ripensandoci, ho una mezza idea: seguimi.-

               Lizzie si rimette la maschera e corre dietro a Falcon sperando che abbia davvero avuto una buona idea.

 

 

4.

 

 

               Hai raggiunto il tuo obiettivo: un hangar con un certo numero di velivoli. Peccato che sia  anche affollato di agenti dell’A.I.M. armati sino ai denti e decisi a farti fuori. Sei arrivato sin qui e non puoi farti fermare adesso, giusto?

               Ti vedono ed urlano il tuo nome:

-È Capitan America!-

               Poi cominciano a sparare.

               Se avessi il tuo scudo, sarebbe tutto più facile, abbiamo detto, ma chi ha detto che il tuo deve essere un lavoro facile? È il momento di vedere quanto anni di duro allenamento abbiano pagato. Nessun uomo, nessuno normale almeno, è davvero più veloce di un proiettile, ma esiste sempre una sia pur brevissima pausa tra il momento in cui il cervello prende la decisione di agire e quello in cui il dito si stringe sul grilletto ed è in quest’attimo di pausa che un uomo agile superbamente allenato può inserirsi. Gli agenti dell’A.I.M. sono sconcertati vedendoti saltare loro addosso disarmato e senza difese. Anche dopo tutti questi mesi continuano a considerarti solo un novellino, un volenteroso rimpiazzo non all’altezza dell’originale e come biasimarli? Tu stesso la pensi così la maggior parte delle volte. Stavolta però, avranno occasione di pentirsene.

               Colpisci senza dar loro il tempo di riflettere, li rendi troppo nervosi per mirare con accuratezza, sei estremamente rapido per essere uno senza superpoteri. Alla fine hai scompaginato i loro ranghi e sei pronto a salire a bordo del più vicino dei velivoli.

 

               Palazzo dei Vendicatori. Falcon ed American Dream si sono presentati alla porta.

-Benvenuto Padron Falcon… li accoglie Jarvis –Cosa posso fare per lei e la signorina?-

               Il buon Jarvis non si scompone mai, pensa Falcon con un sorriso, vera imperturbabilità inglese.

-Jarvis, ti presento American Dream, lei è… diciamo una buona amica di Capitan America.-

-Lo avevo intuito, signore.-

-I Vendicatori sono in sede?-

-Perlopiù no, signore… e signora… molti sono in missione nello spazio,[4] ma…-

-Non importa: quello che mi serve è l’uso delle attrezzature.-

-Lei è un Vendicatore Padron Falcon, non le servono permessi… e poiché garantisce per la signorina…-

-Certo, certo…- ora scusami, Jarvis, ma abbiamo fretta.-

               Pochi minuti dopo Falcon ed American Dream sono insieme a Fabian Stankowicz, il Capo Tecnico dei Vendicatori.

-Hai capito quel che ti chiedo?- gli si rivolge Falcon.

-Uh… si.- Fabian è chiaramente distratto da American Dream -… si… penso di poterlo fare… spero.-

-Allora che ne dici di farcelo vedere?-

-Cosa?… Ah si, certo. Il principio è molto semplice: la communicard dei Vendicatori contiene anche un congegno di identificazione e localizzazione connessa ad un sistema satellitare GPS avanzato che…-

-Può risparmiarci i dettagli tecnici, per favore, e venire al sodo?- lo interrompe, nervosamente, American Dream.

-Ma certo, bella signora. Il problema è che, dovunque sia ora Capitan America, la sua communicard non manda alcun segnale, il che significa solo due cose: o che la communicard è stata disattivata o che lui si trova in un luogo schermato.-

-E questo lo sapevo già.- intervene Falcon –Io voglio sapere se puoi trovare un sistema per rintracciare il segnale.

-Ci sto già lavorando da più di 24 ore.- replica Stankowicz –Se la communicard è spenta o distrutta non ci posso far niente. Superare la schermatura potrebbe essere possibile ed in ogni caso ho pensato anche ad un’altra possibilità: il microchip antipossessione mentale installato nella nuca di tutti i Vendicatori funziona su una specifica frequenza. So che già una volta Mr. Stark ha ricalibrato un segnalatore perché la rilevasse,[5] credo di poter fare altrettanto.-

               Una serie di tentativi, poi su una mappa terrestre appaiono una serie di puntini rossi, mostrando la posizione di tutti i Vendicatori presenti sulla Terra.

-Uhm, diavolo, non ci avevo pensato: dovrei tarare lo scanner sui bioritmi singoli… se li avessi. Dunque vediamo: questi no, provengono dal Palazzo, questo a Las Vegas, forse…  Uhm dovrò prendere contatto con tutti e vedere chi…risponde. Ehi, un momento…-

               Un segnale luminoso compare improvvisamente, seguito da uno sonoro.

-Forse ci siamo.-

 

               Ti sei impadronito di un velivolo. È molto aerodinamico, per niente difficile da pilotare, specie per te, che hai fatto pratica quasi su ogni tipo di aereo. In pochi istanti lo hai messo in moto. Certo se sapessi come far aprire il portello d’uscita… sarebbe troppo bello sperare che si apra automaticamente vero? Uhm, forse quest’affare ha armi adatte a… si! Se il simbolo su questo pulsante non mente…

               Due razzi partono, frantumando la parete di fronte al muso del velivolo e creando un varco sufficiente per la navetta. Nel frattempo gli agenti dell’A.I.M. le stanno sparando contro con tutto quel che hanno, senza successo. Di qualunque cosa sia fatta, è un materiale molto resistente, chissà se sarebbe in grado di arrivare nello spazio? Lasci queste domande per un altro giorno e ti prepari a volar via, ma prima, potresti lasciar loro un regalino….

               Ora sei fuori e sganci quasi tutto l’armamento in un colpo solo. Alle tue spalle l’intero fianco di una montagna esplode  e tu sogghigni: con un po’ di fortuna saranno troppo impegnati per venirti dietro. Speri solo di non aver ucciso nessuno.

               Scacci il pensiero ed azioni la radio:

-Qui Capitan America. A chiunque sia in ascolto: sto tornando a casa.-

               Si, a casa, finalmente.

 

 

EPILOGO

 

 

               Lo Scienziato Supremo squadra i suoi sottoposti ed ordina:

-Prepararsi ad evacuare entro 20 minuti. Questo rifugio è ormai bruciato. Non deve restare nulla che possa far risalire a noi. Tutto quello che non può essere portato via deve essere distrutto, sono stato chiaro?-

-Chiarissimo, signore.-

               Rimasto solo, lo Scienziato Supremo si ferma a riflettere. Se potessimo vedere la sua faccia, forse resteremmo stupiti nel vedervi un sorriso maligno.

               La partita non è ancora finita, Capitan America, anzi è solo cominciata.

 
 
FINE SECONDA PARTE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Pochissimo da dire su quest’episodio:

1)     American Dream e Sharon Carter sono reduci da uno scontro con gli alieni Spettri Neri e non solo, narrato negli episodi #45/49 dei Difensori che vi consiglio caldamente di leggere o il mio supervisore se la prende con me. -_^

2)     A livello di continuity questa storia si svolge durante la crisi con i Kree descritta in Vendicatori #53/60 e per la precisione, durante gli eventi degli episodi da #58 a #60 di quella serie.

Nel prossimo episodio: Cap è sfuggito all’A.I.M. ma non mancheranno le conseguenze quando lui, American Dream e Falcon saranno coinvolti nella caccia a Modok. Tutto questo ed anche il ritorno del Maggiore Libertà ed altre sorprese.

A presto.

 

 

Carlo.



[1] Strategic Hazard… No, lasciamo pèrdere. Chi ha voglia di spiegare tutto l’acronimo e poi, magari, anche tradurlo? -_^

[2] A cosa allude Bridge? Per saperlo dovreste aver letto Difensori #45/49 e se non l’avete fatto non avete scusanti. -_^

[3] Come visto due episodi fa.

[4] Come visto in Vendicatori #57/60.

[5] In Iron Man #23.